lunedì 21 luglio 2014

IL PIACERE DI OZIARE


Secondo la tradizione popolare “l’ozio padre dei vizi”.

La santificazione del lavoro a partire dall’etica protestante, rafforzata dall’opposizione della borghesia alle oziose classi nobiliari, ha contribuito ad alimentare la visione negativa dell’ozio.

Ma l’uomo davvero trova la sua piena realizzazione nel lavoro?

Sono cresciuta con una visione  del lavoro di tipo “calvinista” ed ho sempre considerato il lavoro un veicolo di emancipazione.

Ma il lavoro ci rende davvero liberi? Il ruolo sociale del lavoro sta cambiando.

Mi accorgo che siamo sempre più insofferenti sul luogo di lavoro e cerchiamo con affanno nuovi spazi e nuovi modi  per esprimerci.

Il proliferare di attività “fuori orario”, dal bricolage ai corsi di ogni genere, sembrano dare una risposta attiva a questo malessere.

Così nel tempo libero ci affatichiamo e accumuliamo altro stress, nel tentativo di stare meglio, attraverso pilates, yoga, jogging, bricolage….

Al lavoro come “veicolo di mediazione sociale” dovremmo pensare di  alternare l’ozio come stile di vita per recuperare il piacere di stare in compagnia, conversare,  mangiare insieme.

L’ozio, inoltre, pare alimenti la creatività. Secondo Andrew Smart il “dolce far niente”serve per produrre nuove idee.

Occorre quindi oziare per innovare!

Mi chiedo allora  se non valga davvero la pena recuperare il piacere di oziare e ritornare a quel sano “otium” latino; fermarsi per pensare, riappropriarsi del tempo per cercare di migliorare la qualità della vita. 

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