martedì 29 aprile 2014

LA GARA DELLE UDIENZE GENERALI


Avete mai partecipato alla gara delle udienze generali?

E’ una competizione non agonistica che si svolge ogni anno a scadenza quadrimestrale fra  i genitori degli  alunni dalla A alla M e dalla N alla Z.

Come ogni gara anche quella delle udienze generali ha le sue regole. Ogni genitore deve scrivere il cognome dell’alunno in base all'ordine di arrivo, sul foglio affisso fuori dall’aula dove riceve l’insegnante; all’arrivo dei professori, i genitori entrano secondo l’ordine numerico indicato nella lista.

All’apertura dei cancelli, i genitori, accompagnati da nonni, amici o parenti di ogni tipo e grado, con penna  e mappa delle aule in mano, come dei velocisti professionisti, sono pronti allo scatto e si sguinzagliano lungo i corridoi, su e giù per le scale superandosi a vicenda per arrivare primi!

E’ una gara all’ultimo respiro; con il cuore in gola vengo superata per le scale da un atletico papà, lungo il corridoio, sul rush finale, una mamma, anche lei affannatissima, mi batte all’ultimo momento!

Alla fine del primo tempo conto il punteggio: sono seconda ad italiano e matematica, decima a storia e inglese, diciassettesima a motoria, trentaduesima ad arte e fisica, ventottesima a fisica, religione e scienze.

I genitori  sfiniti dalla performance, come veri atleti, si concedano un po’ di relax, un breve svago con scambio di battute in attesa dell’inizio del secondo tempo: l’arrivo dei professori.

La seconda parte della gara è rappresentata dall’ “attesa attiva”, ossia come riuscire ad essere in più posti contemporaneamente in assenza del dono dell’ubiquità.

Per spiegarmi meglio, se sono seconda ad italiano e matematica come posso sdoppiarmi?

Con occhio attento alle porte attendo che esca  da matematica il genitore numero uno, entro e, finito il mio turno, mi precipito all’altra porta. Vado poi dove sono decima ed è già entrato il tredicesimo! Mi sposto di corsa e riesco comunque ad infilarmi a motoria dove sono diciassettesima!

Questo giochetto, moltiplicato per il numero di genitori, trasforma l’udienza  in vero e proprio girone dantesco in cui il colloquio con l’insegnante rappresenta il momento catartico!

Tutti presi dalla gara, arriviamo esausti ad udienza, anestetizzati dalla stanchezza, incapaci di reagire anche di fronte alla notizia del peggior  rendimento scolastico, ma contenti di essere arrivati al traguardo.

Le udienze generali, un appuntamento irrinunciabile, una gara dove non si perde e non si vince: l’importante è partecipare!

 

 

 

lunedì 28 aprile 2014

BIONDE VS MORE UNA DIFFERENZA DI GENERE?


Mi ha colpito l’aforisma di una bionda naturale Charlize Theron: “Ho un immagine bionda, ma un’anima bruna.”. Anche io mi sento così entrando  in campo nella secolare competizione fra bionde e brune.

Le bionde, simbolo dell’innocenza, angelicate, glaciali da sempre immagine di bellezza e perfezione.

Nella storia fin dall’antica Grecia biondo era sinonimo di bellezza. Era bionda Afrodite, dea greca la Venere dei romani, così come erano bionde Messalina e Poppea licenziose donne della Roma imperiale. Petrarca cantava della bionda irraggiungibile Laura; Lucrezia Borgia, bellissima dalla carnagione chiara e una cascata di capelli d’oro, incarna ancora oggi  l’immagine della perfida uxoricida.

Nel cinema dal ghiaccio bollente di Marlene Dietrich alla sensualità adolescenziale di Brigitte Bardot: biondo è fashion.

Secondo una ricerca dell’università francese di Nanterre  ogni uomo in presenza di una bionda diventa più stupido a causa di quella ingiustificata equivalenza bionda uguale oca giuliva che lo autorizza a utilizzare  il cervello a scartamento ridotto.

Per questo, come dice il titolo del celebre film del 1953 con la fantastica icona super bionda Marylin, gli uomini preferiscono le bionde?

Gli stereotipi li beviamo con il latte già da piccoli, nelle favole le eteree  fate e le delicate principesse sono bionde; Biancaneve che lava e pulisce per i sette nani, felice di farlo canticchiando soavemente,  è mora.

Le more passionali, concrete, rassicuranti, reali, nell’immaginario maschile rappresentano il calore l’accoglienza materna: “Le more ti danno quello che le bionde promettono”.

Bionde VS More un identità di genere, ha ancora senso oggi? E poi che dire delle rosse, appartengono forse ad un terzo genus? E le castane, un ibrido di specie? Il superamento delle differenze di genere dovrebbe riguardare anche il colore dei capelli? Una mora che si sente bionda è così diversa da un uomo  che si sente donna?

 

mercoledì 23 aprile 2014

PASQUETTA (STREET) FOTO SOTTO LA PIOGGIA


Il meteo l’aveva detto Pasquetta sotto la pioggia! Così come è tradizione il giorno di Pasquetta al posto della gita fuori porta, decido di andare a Vicenza per un Wokshop fotografico di street photos che comprende anche la visita guidata della mostra “Magnum Conctat Sheets”. Arrivo un po’ in ritardo a causa del traffico e della pioggia, e mi unisco  al gruppo.

Sono esposte  le  foto e i provini a contatto dei  più famosi nomi della Magnum. Per i non fotografi, il provino a contatto (contact sheet)  è quella tecnica usata comunemente per scegliere le foto da stampare.

Per il fotografo è invece un momento  di resurrezione dell’immagine; davanti al provino a contatto l’autore vede per la prima volta il suo lavoro, valuta il risultato e sceglie fra tutte quella che meglio identifica il momento, il fatto, l’idea, la situazione: la più bella del reame!  

Attraverso le sale di palazzo Leoni Montanari e  mi rendo conto di guardare con l’occhio dell’autore ciò che ha visto, dallo sbarco in Normandia di Robert Capa, all’11 settembre di Thomas Hoepker.

Ogni foto è storia ed ha una storia.

Chi non ricorda la foto dei carri armati  di piazza Tienanmen, scattate da Stuard Franklin? Era la mattina successiva al 4 giugno 1989, il giorno dopo la repressione dei dimostranti, la piazza era stata ripulita e tutti, giornalisti e fotografi, non potevano uscire dagli alberghi. La foto è stata scattata dal balcone dell’Hotel. Quella foto è da allora nell’immaginario collettivo, il simbolo della rivolta.

Finita la visita, Marco il nostro “tour leader” ci porta a mangiare, perchè si sa anche  l’arte deve essere nutrita. Sazi e soddisfatti, ci sguinzagliamo per le strade del centro a caccia di foto! Lo street photography impone infatti una buona dose di faccia tosta per fotografare gli sconosciuti per strada, per cogliere l’attimo, la spontaneità di un espressione o di una situazione,  come una candid camera. Con la mia Nikon D40  (obiettivo 17/50), sotto una pioggia fitta e  battente, giro e rigiro per le strade semivuote alla ricerca di un soggetto accattivante, ma chi passeggia in una giornata di pioggia torrenziale?  Mi avvicino infine  ad una coppia  e candidamente con sorriso disarmante chiedo: posso scattarvi una foto? Da sotto l’ombrello mi guardano, inzuppata nonostante il cappuccio della giacca a vento, più per compassione che altro si mettono in posa, rovinando l’effetto sorpresa e la foto! Piove ormai controvento, mi rifugio in un bar dove finalmente colgo l’attimo e fotografo la cameriera! Con il mio magro bottino, raggiungo il gruppo  per raccogliere e condividere  le foto, tutti fradici e felici sentendoci anche noi un po’ Henri Cartier Bresson, un po’ Elliot Erwitt.

martedì 22 aprile 2014

WEB 2.0


Che cos’è il Web 2.0? Leggo testualmente su Wikipedia: “Stato dell’evoluzione del Word wide web, rispetto ad una condizione precedente. Si indica come Web 2.0 l’insieme di tutte quelle applicazioni on line che consentono un  elevato livello di interazione fra sito Web e utente ottenute attraverso opportune tecniche di programmazione Web”, ossia ciò che io comunemente conosco come forum, chat o social network: le cosiddette piattaforme di condivisione di media.

Chi di noi non è su Facebook? Il popolo multimediale è davvero multicolor. Ci sono uomini e donne di ogni età, c’è anche la signora Pina che si è fatta aprire la pagina dalla nipote.

“Postiamo” una serie infinita di foto, cuoricini, faccette o aforismi attendendo con trepidazione un “mi piace”! Verifichiamo la nostra popolarità dal numero di richieste di amicizia ma  soprattutto chattiamo. Perché in chat si parla di tutto e con tutti anche se non ci conosciamo. In chat siamo tutti più comunicativi, raccontiamo e mentiamo con maggiore disinvoltura.

E’ un fenomeno che  è entrato ormai nella nostra vita quotidiana. Gli strumenti sviluppati in internet hanno appiattito le dinamiche di tempo e spazio e ci troviamo così ad essere un po’ “cibernauti per caso”.

Sono sempre stata critica e sospettosa verso i social network e nei confronti della comunicazione virtuale che allontanano dalla realtà e ti fanno perdere un sacco di tempo.

Ho sempre ritenuto questi spazi luoghi di mistificazione dove ti puoi creare un avatar, una nuova identità, nuovi ruoli.

Per non parlare poi del panico generazionale; delle paure di noi adulti rispetto all’uso delle chat da parte dei nostri figli! Ricordo molto bene mio nonno quando diceva che la tv era un demonio!

Un uso della rete utile e inventivo però offre a tutti, ed in questo è assolutamente democratico, la possibilità di pubblicare e fare conoscere le proprie idee.

Io che scrivo da sempre, e rigorosamente a penna (bic nera), ho incontrato il Blog ed è stato amore a prima vista! Un luogo dove poter raccontare e raccontarmi. Così è nato K&C, le mie riflessioni sui modi di agire e di pensare della nostra società espresse per contrasto, con un pizzico di ironia e da “indossare subito”!

giovedì 17 aprile 2014

PASQUA LOW COST


Natale con e tuoi e Pasqua con chi vuoi.  Pare che gli italiani quest’anno, per dimenticare la crisi, abbiano scelto  di andare all’estero decidendo di partire last minut a prezzi  stracciatissimi.

Fra le capitali europee in pole position Barcellona, Londra e Parigi, seguono Madrid e Praga. Per chi ha voglia di mare e tintarella, i luoghi preferiti si confermano: Malta, Gran Canaria, Tenerife e Ibiza. Chi invece se ne infischia del jet leg, ha puntato direttamente sulle tradizionali destinazioni oltreoceano: New York e Caraibi.

E chi resta?

C’è chi, scarponi ai piedi,  va in montagna, chi a Gardaland, chi a Pasquetta fa la tradizionale gita fuori porta al lago o al mare e chi approfitta dell’apertura straordinaria dei musei per una full immersion nell’arte. L’importante è andare.

Ma per tutti  è un must il pranzo di Pasqua. A casa o al ristorante, in coppia, con gli amici o in famiglia, non è solo l’occasione per ritrovarsi e stare insieme a tavola, ma anche la voglia di  sperimentare e assaporare  nuovi piatti.

Mai come oggi l’arte culinaria è diventata un fenomeno di massa. Il web, la tv, i giornali, tutti i mass media propongono ricette, consigli e  programmi di ogni genere e per tutte le occasioni.

Da “Top chef  USA”, che vede dodici cuochi provetti darsi battaglia ai fornelli, all’ italianissimo  “La prova del cuoco”, una vera sfida a colpi di ricette fra due concorrenti allo sbaraglio, diventiamo tutti executive chef!

Noi italiani il cibo non solo cuciniamo e lo gustiamo, noi italiani il cibo lo pensiamo, è nel nostro immaginario, nella nostra cultura. Un amico di Los  Angeles mi ha detto: “ Voi italiani parlate sempre di cibo”, non ci avevo mai fatto caso ma è vero, la nostra cucina ci rappresenta, ne siamo orgogliosi, e senza dubbio  un sano piatto di spaghetti e un buon bicchiere di vino  danno più  gusto alla vita, altro che macaroni and cheese !

Io, cuoca fai da te, quest’anno al tradizionale agnello, consiglio di sperimentare un alternativo menù vegano 100% “green kitchen”, very cool, light e low cost:

- antipasto con mousse di tofu e crema di melanzane

- lasagne vegan con  ragù  di seitan  e besciamella al latte di soia

- tortino di patate e pistacchi

- tofu al curry con zucchine alla menta

e dulcis in fundo…………...

- panna cotta vegan al cocco con salsa di arance (senza panna, senza latte, senza colla di pesce).


Buon appetito e buona Pasqua!

mercoledì 16 aprile 2014

LA GRANDE BELLEZZA


Perché un film diventa un capolavoro solo dopo aver vinto un Oscar? Parlo de La grande bellezza, il film che ha trionfato  negli USA come miglior film straniero vincendo anche il Golden Globe e  ha riportato meritatamente il nostro cinema sotto la luce dei riflettori internazionali.

Un film che ho amato subito dalle prime immagini, dove personaggi e fatti sono descritti con lucido cinismo e poesia, un olimpo di Dei senza religione.

Ambientato a Roma, “città eterna”, un ruffiano escamotage per rappresentare le contraddizioni del nostro tempo anche all’estero.

Osannato da critici e opinionisti, definito film “superbo, pura couture, un grande affresco sulla disillusione della mediocrità di questi anni”.

Un film che piace più all’estero che in Italia perché strizza l’occhio a “La  Dolce vita” capolavoro felliniano del 1960,  a quell’immagine stereotipata di una Roma che oggi non esiste più.

Ma la signora Pina, uscita dal cinema, ha detto con grande ingenuità: “Dov’è questa grande bellezza?”.

Le passa accanto un artefatto della chirurgia estetica, occhi sgranati,  labbra a canotto, sorriso tirato. E’ l’effetto omologante della combinazione lifting/botulino che rende tutti indistintamente sorridenti e stampa in faccia un espressione sorniona, la brutta copia dell’enigmatico sorriso della Monna Lisa.

La bellezza come eterna giovinezza, il narciso che è in noi, il bisogno di apparire, questo è oggi il senso comune della bellezza.

Apparire o essere? Ovvero per essere bisogna apparire.

Così nascono i nuovi miti. I talk show, i reality, i giochi a quiz. L’importante è partecipare, mettersi in mostra, trovare un palcoscenico. Concorrenti allo sbaraglio di ogni genere che aprono scatole, girano ruote della fortuna, e ci fanno rimpiangere i tempi del Rischiatutto e le gaffes del grande Mike Buongiorno l’antesignano degli show man.

Così  diventa star per un giorno e sale alla ribalta il vigile urbano, la cassiera, il libero  professionista,  il vicino della porta accanto, tutti felici e soddisfatti di “esserci”!

La grande bellezza si confonde in questa fiera delle vanità e riappare chiaramente solo quando con il candore della signora Pina riusciamo a chiederci con stupore “Ma dov’è”?

 

 

martedì 15 aprile 2014

LETTORI DI IMMAGINI



Non ho mai assistito ad una lettura di fotografie. Secondo il senso comune le fotografie si fanno e si  guardano. E così anche io fino ad oggi, seguendo  il senso comune, le ho scattate e le ho osservate, anche se per me scattare una foto non è mai significato solo fissare l’immagine perché l’immagine racconta e racconta soprattutto di noi, del nostro modo di vedere e trasformare ciò che vediamo.

Mossa da interesse e curiosità ho deciso di partecipare come auditrice alla lettura del portfolio organizzata a Ghedi dall’attivo circolo fotografico Lambda.

Arrivo nel primo pomeriggio. Mi accoglie il presidente Piero, affabile e superefficiente. I lavori sono iniziati già dal mattino, mi dicono che, come a scuola “i prof. sono andati giù duri”, stroncando anche i progetti più pretenziosi e tecnicamente perfetti. E già, che cosa è un portfolio non è chiaro nemmeno ai fotografi di lungo corso!

La sala del consiglio comunale sembra un auditorium. L’atmosfera è un mix di suspense  pre- esame e happening. Il pubblico è vario. I fotografi con le loro cartelle, gli amici, i familiari di sostegno e i curiosi come me. Nel centro della sala c’è un cavalletto per mettere in bella mostra le foto in competizione. Ciascun partecipante  illustrerà il proprio lavoro, un “face to face” a tre, lettore/autore/pubblico.

Fantastico,  un vero show con microfono e applausi a fine rappresentazione!

E come in un vero show arrivano le star, “ i lettori”  Cinzia Busi Thompson e Silvano Bicocchi, autorevolissimi critici fotografici , che giocano il ruolo del  buono/cattivo.

Inizia il match. Il buono apprezza l’opera per la costruzione e la scelta delle immagini, la cattiva con sguardo acutissimo e parole  recise ne evidenzia la scarsa originalità.  Foto e fotografi si alternano per tutto il pomeriggio. Sono incantata dalla competenza e dalla efficacia delle osservazioni  dei lettori, che riescono a trasformare questo momento di sano antagonismo fra fotografi in un vero e proprio laboratorio, meglio di un workshop!

E come ogni competizione arriva il momento di proclamare il vincitore. The winner is….”Lievito Padre” un gioco di parole per una short story in bianco e nero che descrive un giorno di  lavoro di un “padre panettiere”.  Un bell’esempio di parità di genere, bravo il fotografo e brava la giuria. Un primo posto davvero meritato!

Finisce la giornata, restano le immagini e la voglia di raccontare. La foto come una storia  racconta ed ha la sua morale, come un racconto suscita emozioni, ti cattura e ti porta via, e per esistere ha bisogno dell’immaginazione di chi la guarda… di lettori di immagini.

mercoledì 9 aprile 2014

VINITALY FAIR



Anche se sei astemio devi andare a Vinitaly. Io, astemia penitente, ho scoperto i piaceri di Bacco superata la gioventù,   quando il senso del piacere matura.

Più che un’intenditrice mi considero una simpatizzante del settore e così, degnamente accompagnata da Maurizio,esperto somelier, sono stata introdotta sotto copertura nel gotha dei vini.

Dopo aver accuratamente programmato  l’itinerario, iniziamo con i bianchi di “Franciacorta”, dove troviamo un grande affollamento ed un buttafuori che fa passare le persone scrutandole in modo professionale ad una ad una. Superato il check- in andiamo subito allo stand della cantina Ca del Bosco dove ci viene offerto un bollicine cuvee prestige. Maurizio mi spiega con grande professionalità e novizia di dettagli il metodo di imbottigliamento dello spumante. Io seguo con reverenza ed attenzione fino a quando gli effetti dell’alcool non prendono il sopravvento. Il viaggio continua in Friuli dove restiamo incantati dalla cantina Lis Neris, e attraverso la Campania per gustare un ottimo Fiano di Villa Matilde.

Ebbri ed affamati approdiamo, naufraghi in un  mare di vino, al Bio-ristorante. Un buffet rigorosamente bio a prezzo decisamente popolare.

Sono le 14 e fa caldo… gli impettiti business- man/woman si sciolgono nei loro completi e, come da programma, passiamo ai rossi iniziando dalla Toscana. Su indicazione di Maurizio andiamo diretti dai Conti Contini Bonacossi, nome altisonante assolutamente all’altezza del Carmignano 1996 che assaporo con gran gusto…. tra il resto la classe non è acqua!

Lasciamo la Toscana brindando con un grande Brunello Ugolaia della cantina Lisini.

Ormai mi atteggio con garbata disinvoltura ad intenditrice e prima di bere osservo il colore del vino, lo annuso con il giusto distacco e ne assaporo appena un sorso senza deglutire immediatamente poi, con gesto raffinato, verso ciò che resta nel bicchiere nell’apposito raccoglitore passando alla degustazione successiva. 

Ma chi è il popolo di vinitaly? Oltre ai produttori agli esperti amatoriali immediatamente riconoscibili  per il loro atteggiamento serio e professionale, ci sono quelli che definisco gli “interventisti” ossia quelli che devono esserci per dire “ io c’ero”. Gli interventisti partecipano preferibilmente in coppia o in gruppo. Non puoi sbagliare, sono quelli che assumono  informazioni superficiali  e banali da raccontare una volta tornati a casa. In gruppo spesso sono rumorosi perché si devono fare sentire. In coppia hanno un look bon ton scarpe comode jeans e zainetto pratico, ma si trova anche la versione trash; lei tacco 12 laccato-rosso, mini nera “che fa chic”, occhialoni da sole griffati in strasse, lui  mise da vero macho in stile Roberto Cavalli che ostenta un telefonino dell’ultima generazione. Fra gli interventisti troviamo anche i gruppi di sole donne, spesso over 40 in versione  maculato/ghepardato o etnico.

In questo grande festival, scopro  un personaggio d’altri tempi, il signor Michele antesignano della cantina Moio di Caserta, e li mi fermo ad osservare la storia attraverso gli occhi di chi l’ha già vissuta, occhi che trasmettono ancora la passione per la terra che diventa vino e capisco perchè per fare un gran vino non basta la terra, non basta il sole, ci vuole l’Arte.