giovedì 10 luglio 2014

SARANDA (cronache di navigazione)


Approdo al porto di Saranda, bel posto, comodo, in banchina, scendi e sei subito sul lungo mare.

Pago la rituale “tassa di soggiorno” non bene identificata e rigorosamente senza ricevuta, e scendo a terra.

Saranda, di fronte a Corfù, anticamente conosciuta con il nome di Onhezemi, in epoca medievale fu un’attiva comunità cristiana, prende il nome dal monastero sulla collina dei quaranta santi (Aghii Saranda).

Denominata Porto Edda, in onore della primogenita di Mussolini, ai tempi in cui l’Albania era protettorato italiano, subì un incremento demografico durante il periodo comunista, oggi Saranda sta vivendo un periodo di boom edilizio.

Saranda è una rinomata località di villeggiatura per gli Albanesi che sta cercando di affermarsi e diventare un centro di attrazione anche per il turismo internazionale.

Grandi alberghi, a cinque stelle, si affacciano sul mare lungo l’ampia baia.

Saranda è una piccola Montecarlo, con un bellissimo lungomare pieno di ristoranti e bar alla moda.

Aliscafi provenienti dalla vicine isole della Grecia sbarcano greggi di turisti, intruppati in minibus per visitare in giornata i Blu eyes, splendide pozze d’acqua immerse nel verde e gli scavi di Butrinto.

Il sito archeologico di Butrinto, patrimoni dell’Unesco, a pochi chilometri da Saranda, testimonia la storia dalla metà del primo millennio a.C. fino al dominio turco.

I primi scavi archeologici cominciarono nel 1928 per volere di Mussolini, le ricerche continuarono poi durante il comunismo.
Il battistero e la basilica di età paleocristiana, l’anfiteatro greco, ai piedi dell’acropoli, le terme e il forum di epoca romana, la fortezza medievale, testimoniano il passaggio di culture diverse che hanno segnato questi luoghi.

Nella storia troviamo le nostre radici, la ragione della nostra civiltà e del nostro presente, il senso di appartenenza; così mi domando, quale futuro potrebbe avere un popolo se privato della propria storia?



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