Arrivo
a porto Palermo, un insenatura dove finalmente trovo riparo dal vento
incessante.
E’
un posto fuori dal tempo, immerso nella macchia mediterranea.
Il
molo, un residuo del periodo post bellico, è assolutamente inadatto per l’attracco.
Riusciamo ad ormeggiare a fatica, il vento non dà tregua per tutta la notte.
Oggi
la baia è una postazione militare, le imbarcazioni sono ammesse solo per
“ragioni giustificate”, secondo quanto ci viene detto dal comandante di zona.
Al
mattino visito la fortezza di Ali Pasha, impropriamente chiamata castello come
tutte le fortezze e le vecchie cittadelle in Albania, costruita nel 1818 come
un punto strategico difensivo e offensivo agli attacchi ottomani.
Tutt’intorno
ci sono piccoli bunker e fatiscenti costruzioni dell’ancien regime, oggi
utilizzate come magazzini per conservare la salvia essiccata.
La
collina è ricoperta di agave, l’unica pianta che contrasta la brulla flora
della penisola, la spiaggia abbandonata e bellissima, offre solo il piacere di
immergersi in un oasi fuori dal mondo.
Porto
Palermo, con il suo porticciolo, il piccolo ristorante, le acque verde smeraldo,
l’ospitalità dei suoi abitanti, mi ricorda la bellezza di un tempo passato
quando si andava al mare con gli ombrelloni e le sdraio portate da casa e si
mangiavano i panini sul bagnasciuga.
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